Contro-inchiesta sull’assassinio politico degli arditi del popolo Nardi e Baldasseroni
Volterra, Archivio antifascista, Kronstadt, 2024, pp. 59, € 5.00.
C’è una foto con ogni probabilità tra le più equivocate negli ultimi anni, la cui didascalia infatti spesso riporta: “Errico Malatesta con un gruppo di Arditi del popolo”. In realtà si tratta di uno scatto avvenuto nell’ottobre 1913 ad Ardenza, borgo che, proprio in quell’epoca, era in fase di inglobamento a causa dell’espansione di Livorno, destinato a diventare un centro termale e balneare. A trarre in inganno nella foto, atta ad immortalare un gruppo di anarchici, è forse la presenza, proprio alla destra di Malatesta, di Amedeo Baldasseroni, poi effettivamente Ardito del popolo, assassinato, assieme ad un altro anarchico, Averardo Nardi, la sera dell’11 agosto 1921.
E questo è l’argomento dell’opuscolo in oggetto. L’Autore è Marco Rossi, lo stesso di Arditi, non gendarmi!, quindi tra gli antesignani degli studi, a livello nazionale, sull’arditismo popolare e sulle connessioni tra combattentismo di guerra e sovversivismo. E, se si vuole, Ardenza 1921 può essere appunto considerato come una sorta di appendice a due precedenti lavori del Rossi: Livorno ribelle e sovversiva (Bfs, 2013) e La Battaglia di Livorno (Bfs, 2021), dov’è irreprensibilmente ricostruita la realtà conflittuale labronica dianzi all’avanzata fascista. Un’integrazione presentata come contro – inchiesta su un tragico fatto, un duplice omicidio, che non ha trovato giustizia.
Lo scenario sociale e urbanistico è quello che durante la Guerra civile di movimento scatenata dai Fasci si presenta anche altrove: le zone bene, con i loro caffè e i luoghi di ritrovo mondani, sono retrovia dei fascisti, mentre i quartieri popolari lo sono dei sovversivi. I fascisti sono spesso giovani studenti di famiglie altolocate, magari non ancora in età di leva, i sovversivi sono proletari, artigiani, nella maggior parte dei casi combattenti di guerra e già attivi nelle lotte economiche, sociali e sindacali caratterizzanti il Biennio rosso.
Livorno e circondario hanno, notoriamente, una loro peculiarità a riguardo: il consolidato movimento dei lavoratori che si esprime in muti soccorsi, cooperative, sindacati, circoli politici e culturali, e le sedimentate idee anticlericali, repubblicane, socialiste, anarchiche, ed ora anche comuniste, che si esprimono attraverso i rispettivi organi di stampa. Da una parte c’è questo mondo, dall’altra c’è Costanzo Ciano, per intendersi.
Il momento in cui i delitti in questione si consumano è quello del Patto di pacificazione, stipulato alla Camera il 3 agosto. Vi si era giunti a seguito dei fatti del mese prima, quando, proprio grazie all’iniziativa degli Arditi del popolo, si era assistito, segnatamente con le disfatte di Viterbo e Sarzana, alla prima grande battuta d’arresto del movimento fascista. L’irrisoria pacificazione, stando alla Confederazione generale del lavoro e al Partito socialista, avrebbe dovuto porre fine alle violenze di parte attraverso un semplice accordo con i fascisti. Questi, invece, ne avrebbero tratto tutti i vantaggi: il Patto, come diretta conseguenza, avrebbe spianato la strada alla soppressione degli organismi di difesa proletaria, nel giro di qualche giorno appena.
Nel caso dei Fasci, il rispetto della pacificazione fu lasciato, per così dire, alla discrezione dei singoli, che equivale a dire gettato alle ortiche, come dimostrano anche gli accadimenti del Livornese.
Il conflitto che si verifica ad Ardenza la sera dell’11 agosto è anch’esso, per dinamiche ed esiti, assimilabile a quanto stava avvenendo in altre parti del Paese. Gli Arditi del popolo, prossimi alla messa al bando, ci sono e, a Livorno, sono particolarmente combattivi, tanto da assumere carattere non solo difensivo: in risposta alle spedizioni fasciste, il 15 del mese prima, nel quartiere S. Jacopo, avevano fatto irruzione, armati di bastone, ai bagni Acquaviva, ritrovo dei benestanti aggredendo un ufficiale e disarmando e gettando in mare un fascista senese. Quella sera stanno perlustrando o presidiando i quartieri in vista delle incursioni fasciste. Così, il gruppo di ardito-popolari si imbatte in uno di fascisti. Ne nasce un alterco, quando uno di questi, lo studente Tito Torelli, appartenente all’alta borghesia cittadina, estrae un’arma, forse una semiautomatica Browning 1906, “da borsetta”, e apre il fuoco contro gli avversari, colpendo Nardi, che muore sul colpo, e Baldasseroni, che muore a casa dopo giorni di agonia. In tasca non hanno armi: Nardi ha un manifestino degli Arditi del popolo, Baldasseroni una copia di “Umanità nova” ed una de “l’Avvenire anarchico”. Sono due persone di popolo che non hanno lasciato consistenti tracce della loro esistenza, ambedue libertarie. Baldasseroni, 35 anni, era elettricista presso la Società elettrica ligure – toscana, coniugato e padre di tre figli; Nardi, di non ancora 29 anni, combattente di guerra, carrettiere, stando al registro ospedaliero, e celibe.
L’Autore, confrontando la documentazione processuale, la stampa dell’epoca, nazionale e locale, di più orientamenti, e le testimonianze tramandate dalla memoria orale, e con un notevole corollario fotografico, ricostruisce il fatto e le sue conseguenze, politiche e giudiziarie.
Di norma, nei delitti politici venuti in essere in quei momenti, i fascisti, quando i loro sono imputati, o si dissociano dagli accusati, insistendo sulla natura non politica dell’accaduto, oppure, in sintonia con magistratura, forze dell’ordine e stampa, si prodigano ai fini dell’assoluzione, con i più svariati strumenti, avendo quasi sempre la meglio, non senza la puntuale sparizione degli atti relativi ai procedimenti penali. E Torelli è, inequivocabilmente, un fascista, ben inserito nel tessuto sociale e politico della Livorno che conta. Rossi qui ne segue infatti le tracce per tutto il Ventennio, dove, anche grazie alla vicinanza ai Ciano, il Torelli si arricchisce oltremodo. Con la Liberazione si tenta nuovamente di processarlo per i delitti, cui la memoria popolare lo aveva sempre associato, e per l’attività di squadrista antemarcia, quando però sopraggiungevano la caduta in prescrizione dei reati e l’amnistia Togliatti.
Silvio Antonini